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Sex Education – la nuova serie Netflix

*Spoiler*

Lui e lei, adolescenti, chiusi in camera nella casa dei genitori, fanno sesso.
Uno dei due arriva all’orgasmo, l’altro lo finge.
A fingere non è la ragazza.

Non ti ringrazierò mai abbastanza per questo inizio, Netflix.

Ho aspettato l’uscita di questa serie per mesi e, quando capita così, di solito le aspettative si accumulano fino a diventare praticamente impossibili da appagare.

Non è questo il caso. 

Sex Education è la serie Netflix made in England che parla di sessualità in modo educativo (oltre che ironico, leggero e schietto). Punto. Il titolo non potrebbe essere più limpido.

Finalmente una serie che riesce a rappresentare la sessualità per quello che è: un aspetto naturale che plasma, condiziona, trasforma le vite di tutti – di chi decide di viverla ed esplorarla e di chi prova a metterla da una parte e non ascoltarla.

La sessualità che viene raccontata è quella del quotidiano, quella reale, affrontata da adolescenti che si avventurano alla sua scoperta con un cocktail di conoscenze/credenze/stereotipi/desideri diverso per ognuno. È una sessualità inclusiva di tutti i generi, tutti gli orientamenti e tutte le identità, sviscerata in tutte le sue sfaccettature, senza pregiudizi e senza stereotipi, saltando da esperienze ludiche (rimming) a condizioni piuttosto serie (vaginismo). Non è solo la sessualità “pene-nella-vagina” da consumare “il più velocemente possibile” con un pene che “più grande è meglio è”.

E non c’è da stupirsi visto che una delle consulenti della serie è Alix Fox, meraviglioso essere umano e educatrice sessuale che ho avuto il piacere di conoscere durante un evento a Londra.

La serie si sviluppa intorno a Otis, 16enne in piena fase critica di ricerca di una propria dimensione sessuale che si deve destreggiare tra le irruzioni emotivo/psicologiche di mamma Jean – terapista sessuale che non perde l’occasione di trascinarlo in discorsi imbarazzanti madre-figlio sul sesso e ficcare il naso nella sua vita – e quelle fisiche dei molteplici partner occasionali che sistematicamente piombano, ignari, nella sua camera in cerca del bagno creando attimi di mutuo imbarazzo.

Le conoscenza in materia di sessualità e relazioni assorbite più o meno volontariamente gli torneranno utili quando una compagna lo convincerà a mettere su una clinica clandestina nella scuola per dispensare consigli sessuali agli altri studenti.

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La serie scivola spesso nel buonismo, e menomale. Spesso capita che quando è il sesso a fare da perno nella narrazione, si finisca con personaggi turbati o deviati che mostrano tendenze disfunzionali o omicide o depressive o all‘abuso di sostanze.

Non è questo il caso, e il sesso diventa anche un mezzo per indagare temi come l’amore, l’amicizia e le relazioni interpersonali in generale.

Non fatevi ingannare dalla trama apparentemente semplice e lineare dei primissimi episodi. I personaggi, inizialmente stereotipati, si svelano, crescono ed evolvono nel corso della serie mostrando la propria complessità, tanto che diventa impossibile schierarsi dalla parte di uno o dell’altro e si finisce per trovare qualcosa in cui identificarsi in ognuno.

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Mi sono lasciata scappare una sola, effimera smorfia alla spiegazione di “cos’è il sesso” – da parte di una giovane Jean a un giovanissimo Otis – come “quando un uomo mette il suo pene dentro la vagina di una donna”. È molto più di questo, cara la mia Jean orrendamente parruccata.

Suona molto stridente anche quel bollino rosso con inscritto il numero 18 che classifica la serie come non adatta a un pubblico minorenne – lo stesso del quale e al quale la serie parla.

La cosa che in assoluto ho apprezzato di più è il messaggio positivo che comunica ogni episodio, e cioè che tutti possono vivere una sessualità felice e soddisfacente: basta parlarne.

Per il resto, aspettatevi un bel po’ di erezioni, termini sessuali poco mainstream, colpi di scena, riferimenti femministi di livello e drama adolescenziale (ma anche adulto). Il tutto condito da quell’atmosfera molto eighties presa in prestito dal pluriapplaudito Stranger Things (al quale sembra strizzare l’occhio il finto finale del settimo episodio – o è solo una mia impressione?).

Finisco come ho iniziato: con uno spoiler.

La serie migliora.

Guai a chi non arriva in fondo.

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