Pure è un viaggio immersivo e rivelatore all’interno di una mente affollata di pensieri sessuali intrusivi, involontari e disturbanti.
La mia testa era talmente piena di sesso che non rimaneva spazio per nient’altro.
È la storia di Rose Cartwright che, dall’età di 15 anni, convive con una forma poco conosciuta di Disturbo Ossessivo Compulsivo che l’ha portata a mettere in discussione la sua identità fino a smarrire il senso di sé e sviluppare tendenze suicide.
[…]e se fossi una pedofila?
E con quella domanda sono stata risucchiata dentro la mia testa, dove ho trascorso i successivi dieci anni agitandomi davanti alla mancanza di risposte come una mosca su una lampada; tutto quel tempo senza dirlo a nessuno, a vivere recitando un ruolo che celasse il mio segreto. Tutto quel tempo passato a essere ciò che pensavo una ragazza adolescente dovesse essere: divertente, provocante e affamata di avventure.
[…] non riuscivo più a ridere con sincerità, perché le possibili risate dovevano sempre farsi strada tra il senso di depressione causato dalla pedopornografia illecita ed esplicita; e nel tempo che ci mettevano a salire in superficie diventavano deboli, turbate e irreali.
Poi ho fatto qualcosa che non avevo mai fatto prima: ho iniziato a fluttuare, mi sono lasciata andare completamente, mi sono immaginata non più viva.
Nella foschia fumosa, sopra quella massa piena di bellezza, il mio corpo era appeso all’arco scenico del palco e dondolava dolcemente nella luce che si affievoliva. Questo non era un pensiero intrusivo. Non era un’ossessione. Non era un’intrusione involontaria. Era voluto, era un’indulgenza, un quadrato di cioccolato nella bocca, una pubblicità della Müller. Mentre i corpi si agitavano intorno a me, sono rimasta ferma a guardare il palco, volutamente sospesa in quel pensiero privo di vita, poi ho vomitato, ho corso, e mi sono rifugiata tutta la notte nella mia cuccetta.
In questo memoir a cuore aperto Rose racconta le spirali ossessive di immagini mentali e pensieri intrusivi che l’hanno sospesa in luoghi altri rispetto alla realtà che la circondava; i dubbi, prima, sulla possibilità di essere una pedofila, poi quelli sulla possibilità di essere gay; gli anni (sette) trascorsi senza una diagnosi, pensando di essere sola e diversa nel mondo; gli anni (undici) di silenzio, in cui Rose ha tenuto la sua condizione segreta; le diagnosi errate, i medici impreparati, le terapie inefficaci e quelle dannose.
Avevo diciassette anni, andavo al college e mi ero lasciata con Greg. Tutte le immagini ripugnanti che mi galleggiavano nella mente e annebbiavano il suo viso avevano reso i momenti di dolcezza alquanto imbarazzanti. Ogni fiocco rosso dei regali di San Valentino era stato sbrogliato per rivelare un bambino nudo o qualche altra oscenità; ogni foto romantica, incorniciata e offerta come pegno d’amore, si era animata trasformandosi in un’orgia e ripetendosi nella mia mente come una gif, ribollendo sotto i miei abbracci di ringraziamento e i miei “ti amo”. Durante quei frangenti di sguardi, che dovrei considerare i più preziosi ed emozionanti della vita, cose indicibili stavano vorticando nella mia mente ciclonica. Mi ricordo la playlist pervasiva di David Gray e le lenzuola Ikea con le strisce turchesi, l’odore agrodolce del Liebfraumilch, le candele al muschio bianco di Natural Collection e i pensieri pedofili.
Ci sono voluti undici anni perché Rose accedesse a una terapia utile, efficace e adatta al suo disturbo: Pure è anche una denuncia della povertà di conoscenza che circonda il Disturbo Ossessivo Compulsivo e della superficialità e inadeguatezza dei percorsi di formazione che dovrebbero preparare i professionisti della salute mentale.
Si tratta di un altro dei nodi ben stretti del doc: dal momento che la maggior parte delle persone non sa che il disturbo può abbracciare tematiche come sessualità, pedofilia e violenza, chi soffre di ossessioni rimane in silenzio per paura dell’incredulità degli altri, un’incredulità che provano anche loro stessi. Pensano: e se fosse solo una stronzata? Così, attraverso l’imbarazzo radicato in profondità e l’autocensura, l’ignoranza genera altra ignoranza.
Il DOC che ha sviluppato Rose è apparentemente estraneo a quello più visibilizzato e noto che si manifesta, per esempio, con il lavaggio compulsivo delle mani o l’ossessione per l’ordine. È un DOC invisibile che è rimasto largamente taciuto e ignoto ma che innesca la stessa esatta dinamica di ossessioni e compulsioni. La differenza è che, nel caso di Rose, le compulsioni sono impercettibili all’esterno e corrispondono a continue verifiche, domande e scansioni della sua mente e del suo corpo nel tentativo di decifrare la sua identità sessuale in risposta a ogni singolo pensiero intrusivo. Pure O è come viene talvolta chiamato (impropriamente) questo tipo di DOC che sembra puramente ossessivo.
Pure O. Puro come la neve. Pura poesia. Puro e semplice eccetera eccetera. Inutile dire che non mi sentivo per niente pura quando per due settimane ogni mattina mi svegliavo al pensiero cristallino dei buchi del sedere. Sul serio, gli ani prima di colazione, tutti i giorni, sono un fenomeno straordinariamente deprimente e non hanno mai levato il medico di torno, ve lo assicuro.
Da questa lettura emerge anche quanto possa essere fragile e precaria la propria identità sessuale in una società che, invece di incoraggiare la ricerca e l’accoglimento della propria identità più viscerale e vera, impone di uniformarsi a pochi modelli monolitici e stereotipati.
A questo punto, credendo fermamente che stessi sperimentando una crisi di identità sessuale – non c’era nessun’altra spiegazione per il ripetersi dei miei dubbi –, ho amplificato la mia ricerca per riuscire a capire come avrebbe calzato un’identità gay o bisessuale. Ho trascorso il primo semestre a lanciare frasi come “a volte mi va il cioccolato, a volte la vaniglia” e altri eufemismi del tutto imbarazzanti di bi-curiosità, e ancora una volta ho usato le reazioni dei miei amici come parametro per valutare se apparissi autentica.
Ero sfinita. Prima avevo passato mesi a cercare di credere che fossi etero. Poi mesi a provare a credere di essere gay. Avevo fatto tutto quello che credevo potesse darmi la libertà di essere qualsiasi cazzo di cosa fossi, nel profondo. Eppure i dubbi continuavano a spaventarmi come prima. Avevo ormai trascorso più di duemila giorni senza neanche venti secondi di libertà dalle immagini mentali sessualmente esplicite. Dalla mia mente annebbiata riuscivo a estrarre un solo pensiero coerente: c’è qualcosa di davvero molto sbagliato.
Chi sono? Chi sono? Chi sono? Chi era quella persona in grado di pensare delle cose così terribili? La paura di non capire, di colpo, la ragione dei miei pensieri, di non riconoscere, improvvisamente, la voce dentro la mia testa che era stata me da quando esisteva un me. Il terrore di dubitare del proprio Io. Dov’è? Dove risiede e come si fa a trovarlo quando sparisce? Come fa una ragazzina di quindici anni che crede di essere una pedofila ad affrontare ogni giorno la scuola di periferia?
Dopo dodici anni di convivenza con il DOC, nel 2013, Rose ha deciso di raccontare la sua storia in un articolo che è stato pubblicato sul Guardian, spezzando così il silenzio e facendo coming out. L’articolo è poi diventato questo libro, Pure, realizzato grazie a una campagna di crowdfunding e pubblicato per la prima volta nel 2015. E il libro è diventato una serie tv – Pure – che, partendo dalla storia di Rose e adattandola a un prodotto di fiction, in sei brevi episodi surreali riesce a rendere tridimensionale il suo peculiare disturbo, strappando risate e provocando disorientamento (in Italia è visibile liberamente su RaiPlay).
Io ho avuto l’onore di tradurre questo libro per Odoya e, in questo modo, spero di contribuire a portare luce su un altro pezzo di narrazione (questa volta quella che parla di salute mentale) rimasto per troppo tempo nel buio a danno di tutte le persone che non sono riuscite, e ancora non riescono, a dare un nome a un disturbo che è codificato, studiato e che può essere trattato, ma che se continua a rimanere invisibile continua a non esistere.
La pubblicazione del libro ha portato Rose in contatto con tantissime persone con un vissuto simile, molte delle quali si sono sentite viste e comprese per la prima volta. Insieme a una di queste persone Rose ha fondato Made of Millions, un’organizzazione non-profit e una piattaforma online che si propone di cambiare la percezione globale della salute mentale e migliorarne la comprensione attraverso l’arte, i media e la tecnologia digitale, gettando le fondamenta di un futuro più sano e più inclusivo per i milioni di persone che soffrono di disturbi mentali in tutto il mondo.
A volte la malattia, o un lutto, o il bullismo possono scottare la vita di un individuo così violentemente che nessun altro è in grado di trovare il modo di attraversare il fumo per raggiungere la persona carbonizzata intrappolata all’interno.
La felicità è non dimenticarselo mai. La felicità è fissare l’insormontabile fragilità della vita e avere l’audacia di riconoscere la certezza che tutto quello che ci rende chi siamo può, in ogni momento e senza preavviso, essere cancellato nel battito d’ali di un colibrì. E comunque amare fino a stare male e giocare a Farm Frenzy.

Pure. Pensieri sessuali intrusivi
di Rose Cartwright
Odoya, 2021
240 pagine
ISBN:978-88-6288-644-4