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Intervista nuda a Maximiliano Ulivieri – Disabilità e sessualità senza barriere

Quello con Maximiliano Ulivieri è stato uno di quegli incontri da cui esci con il dubbio di aver capito ben poco della vita, di esserti fatto distrarre da sfumature insignificanti e particolari minuscoli perdendo di vista il quadro completo.

Ma per farti contaminare dai suoi pensieri e rubare un pezzo della sua visione del mondo devi prima riuscire a fermarlo.

Incastrare quest’intervista tra gli impegni di Max non è stato semplice. Quando non era occupato a tenere convegni con professori, psicologi, sessuologi (e un vescovo!), era in giro per l’Italia a partecipare a eventi e rilasciare interviste (vestito), oppure in Sardegna a recitare un ruolo in un film.

Oltre a tutte queste cose, Max fa anche il web designer, si occupa di turismo accessibile, di formazione, ha scritto un libro, ha partecipato a un TEDx come speaker e attualmente si sta battendo per rendere possibile l’impossibile: istituire in Italia la figura dell’assistente sessuale per le persone con disabilità.

Perché mentre l’umanità cercava di trovare o creare i mezzi, le tecnologie e le risorse per poter garantire ai disabili la massima autonomia possibile e aiutarli a soddisfare i loro bisogni (mobilità, comunicazione, igiene…), che sono anche i nostri bisogni, i bisogni di tutti, forse ci siamo dimenticati di occuparci di un aspetto fondamentale della vita che potrebbe fare la differenza nel modo in cui trascorriamo il tempo su questo pianeta e far svoltare il viaggio rendendolo più piacevole e felice: la sessualità.

Da anni Max gira l’Italia per ricordarci che tutti abbiamo il diritto di esplorare la sessualità e di liberare quell’energia che ci permette di entrare in contatto con il nostro corpo e quello degli altri. E che se qualcuno si sta perdendo quella fetta di vita, a causa di impedimenti fisici o mentali, ha il diritto di essere aiutato a trovare una via per aggirare le barriere che fanno del viaggio alla ricerca del piacere un percorso a ostacoli.

L’aiuto è quello che cerca di fornire attraverso il progetto LoveGiver, che intende formare assistenti qualificati per aiutare i disabili a “vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale”.

L’intervista con Max è iniziata dopo un suo messaggio in cui mi metteva in guardia sul fatto che “sarà la prima intervista dove dovrai pure spogliare e rivestire l’intervistato” e si è conclusa con un selfie insieme, nudi, dove io mostro in bella vista un foglio con scritto #iostoconmax (al fondo di questa intervista).

Tra questi due momenti c’è stata una bellissima chiacchierata in cui abbiamo parlato del suo progetto, di come i disabili vivono o provano a vivere la sessualità e di un sacco di banalità, quelle che noi bipedi normodotati, assuefatti a una vita conformata a stereotipi di corpi e comportamenti standard, spesso ci dimentichiamo: i disabili pensano al sesso, fanno (o vorrebbero fare) sesso, guardano i porno e hanno fantasie sessuali. E non parlano solo di disabilità.

 

maximiliano ulivieri tedx
Fonte immagine: TEDx

Chi sei e cosa fai?
Sono Maximiliano Ulivieri, nato nel 1970 in una giornata di primavera del 21 di marzo in quel di Campiglia Marittima, provincia di Livorno. E ne faccio tante.
Ho iniziato come grafico pubblicitario, poi web designer e dopo qualche anno ho iniziato a lavorare nel turismo accessibile. Nel 2009 ho creato il portale diversamenteagibile.it che raccoglie le esperienze di viaggio di persone disabili in forma di reportage scritti, fotografati e filmati, contenenti informazioni utili sull’accessibilità di luoghi e strutture. Una specie di Turisti Per Caso per persone con disabilità. Nel 2013 ho aperto il comitato LoveGiver che si occupa di portare in Italia la figura dell’assistente sessuale. Poi faccio convegni, corsi di formazione a educatori e familiari, ho anche scritto un libro e ho fatto l’attore.

[vc_row][vc_column][vc_separator color=”black”][vc_custom_heading text=”Non abbiamo l’occhio per diversificare i corpi, non siamo abituati. ” font_container=”tag:h2|text_align:center” google_fonts=”font_family:Playfair%20Display%3Aregular%2Citalic%2C700%2C700italic%2C900%2C900italic|font_style:900%20bold%20regular%3A900%3Anormal”][vc_separator color=”black”][/vc_column][/vc_row]
Quali sono i tabù che riguardano la sessualità nella disabilità?
Non è che voi bipedi, a parte te e qualcun altro, viviate così bene la sessualità, sicuramente è un tabù un po’ per tutti. Quando la leghi alla disabilità le cose si complicano.
Tutto parte dal fatto che il sesso è collegato al corpo. Il corpo è stereotipato e tutto ciò che si allontana da quella figura stereotipata si allontana anche dalla sessualità. Il mio corpo, come puoi vedere, non è proprio standard e quindi io sono lontano dallo stereotipo del corpo che è adatto alla sessualità. Quindi io sono inadatto. Questo è uno degli aspetti più problematici. Non abbiamo l’occhio per diversificare i corpi, non siamo abituati.

intervista nuda con ipad sulle gambe

Come le persone pensano che i disabili vivano la sessualità?
Intanto, magari pensassero in qualche modo che viviamo la sessualità! Per molti non è una nostra priorità. Poi c’è la tendenza a considerare un disabile come l’eterno bambino o asessuale. Tutti fattori che non riescono a far collimare il disabile con il sesso, i bisogni sessuali, gli istinti sessuali naturali di tutte le persone. In realtà è un po’ buffo perché il desiderio deriva soprattutto dal cervello, quindi a meno che una persona non sia senza il cervello, al sesso ci pensa. Noi ci pensiamo e abbiamo dei bisogni.

Credo che una persona disabile provi a immedesimarsi un sacco di volte nel corpo di una persona senza disabilità, ma chi non è disabile non prova mai a fare l’opposto.
Ma chi te lo fa fare? [mi dice scherzando, come se avessi detto un’ovvietà. Che poi è così.]
La prima parola che ho inserito nel libro è proprio empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri. Oppure, come cantano i Depeche Mode, di camminare nelle scarpe dell’altra persona.

If you try walking in my shoes
You’ll stumble in my footsteps

– Se provi a camminare nelle mie scarpe inciamperai nelle mie impronte

[vc_row][vc_column][vc_cta h2=”” shape=”square” css=”.vc_custom_1503935160403{background-color: #fdece8 !important;}”]Il Museo dell’Empatia ha messo in pratica questo concetto con un’installazione artistica itinerante: una gigantesca scatola di scarpe contenente una collezione di scarpe, alle quali è associata un’audio-storia per ogni paio. I visitatori sono invitati a camminare per un miglio nelle scarpe di un’altra persona mentre ascoltano la sua storia.[/vc_cta][/vc_column][/vc_row]

A me personalmente non è mai capitato di trovare una donna che abbia pensato fossi asessuale. Al limite possono essersi chieste quali difficoltà potessi avere. E questo è normale, non c’è nulla di male. Se io vedo uno in carrozzina, mi è complicato capire quali possano essere le difficoltà, sessualmente e fisicamente, perché dipende dal tipo di patologia. Un paraplegico potrebbe avere problemi di erezione o di sensibilità. Io ho tutt’altra malattia e non ho questi problemi. Non c’è nulla di male ad avere un po’ di timore su quali siano le possibilità della persona. Se a una persona piaci, si può sperimentare insieme.

Mi viene in mente un ragazzo disabile che mi ha detto che, quando esce con le ragazze, una delle prime cose che fa è dire esattamente quali sono i suoi problemi. Non è carino al primo incontro parlare dei problemi di erezione. Se una donna esce con te e ti vede, lo immagina che tu possa avere qualche problema, però è uscita lo stesso con te.
Quando ci si conosceva in chat e non c’era ancora Fecebook, con le foto profilo, ma vedevi solo il nickname, fragolina82, e non sapevi nulla dell’altra persona (che poteva anche essere fragolino82) anch’io facevo così. Se si iniziava a chiacchierare e mi piaceva la persona, mi veniva da dire subito “io sono così…” e magari l’altra rispondeva “Non importa”. “Ma io sono anche così”. “Non importa”. “Ma io c’ho l’osso storto, c’ho la gobba”… è ovvio che sia corretto dirlo a un certo punto, soprattutto quando una persona non ti può vedere neanche attraverso una foto, ma la disabilità non dev’essere quello che ti definisce.

Come dico spesso, per fortuna, quando le donne sono colpite alla testa (mentalmente, non fisicamente!), tutto il resto si trasforma. Io magari le conquistavo con le mie letture shakespeariane. Quando poi raccontavo del mio corpo e della disabilità, la maggior parte delle volte in effetti non cambiava nulla, anche quando ci si incontrava. Poi sono capitate un paio di situazioni più critiche. C’era questa ragazza sarda, tremendamente carina, che prese l’aereo per la prima volta per venire da me. Ogni volta che mi sentiva al telefono impazziva, però poi quando ci ritrovammo uno di fronte all’altra si mise a piangere perché si sentiva a disagio. Mi chiese scusa, anche per se stessa, perché non conosceva questo suo limite. Può succedere, anche tra persone non disabili spesso c’è qualcosa che ti da fastidio, l’odore, il contatto a pelle, e tutta la poesia finisce lì. Tra persone che si incontrano su internet può capitare spesso.

maximiliano ulivieri

Chi si occupa della sessualità dei disabili in Italia oltre a te?
Di persone che si occupano di sessualità e disabilità ce ne sono diverse, soprattutto negli ultimi anni: persone, associazioni, psicologi, sessuologi, educatori che se ne occupano con progetti vari, soprattutto in merito all’educazione sessuale. Se mi chiedi chi si occupa di assistenza sessuale ai disabili: nessuno tranne me.

[Qualche giorno prima dell’intervista Max mi aveva accennato di un convegno con vari professionisti e un vescovo, e mi era rimasta la curiosità]

Cosa ti ha detto il vescovo?
L’ho incontrato nel convegno di Bitonto ed è partito bene, cominciando col dire che tutti noi nasciamo dal sesso. Si è dimostrato abbastanza aperto fino a quando, a un certo punto, l’ho colto in fallo perché ha citato una poesia di Marc O’Brien, tratta dal film The Sessions – Gli incontri. Non lo conosci?? Eh, lo devi guardare assolutamente! [L’ho guardato, Max, e lo dovete guardare anche voi perché è molto bello e riesce a mantenere un equilibrio di tensione, leggerezza e humour] Racconta la storia vera di un poeta e giornalista con disabilità grave, costretto a vivere in un polmone d’acciaio. Era completamente sensibile in tutto il corpo ma non si poteva muovere assolutamente e non aveva mai avuto esperienze sessuali. Il film racconta la storia del suo incontro con una sex surrogate, che è leggermente diversa dall’assistente sessuale perché si occupa di tutti, non solo di disabili. La poesia è quella che lui dedica alla sua sex surrogate. Il vescovo ha tirato in ballo la poesia ma senza dire da dove fosse tratta. Allora io sono intervenuto dicendo che era bellissima ma era doveroso ricordare il contesto, che è proprio quello di un percorso di scoperta sessuale che compie una persona disabile attraverso l’aiuto di una persona che lo assiste.

The Sessions gli incontri film 2012
Immagine tratta dal film The Surrogate (2012) – Fonte: wikipedia

Da dove nasce LoveGiver?
Io avevo un blog dove scrivevo un po’ di tutto di me, che forse era anche un modo di liberarmi di tante cose che non ho potuto comunicare nella fase dell’adolescenza. Questo mio raccontare ha portato altre persone a commentare raccontandosi e ho scoperto ben presto, come tu avrai scoperto, che nella vita puoi essere sfigato quanto vuoi ma c’è sempre qualcuno che è più sfigato di te. Ho letto storie anche molto pesanti di persone che a 20, 30, 40, anche 50 anni, non avevano mai vissuto la loro sessualità. Per curiosità ho guardato cosa succedeva negli altri stati in Europa e ho scoperto la figura dell’assistente sessuale.

E hai deciso di provare a proporla in Italia.
Una malsana idea, sì.
Mi è venuta in mente per il semplice motivo che noi ci occupiamo delle persone disabili in tutti i loro bisogni (in alcuni con difficoltà). Nella situazione ideale in cui ci sono i fondi, le leggi [e la volontà] ci occupiamo un po’ di tutto. Una persona con disabilità fisica si può spostare, io ho una carrozzina e mi posso muovere, quella elettrica mi fa uscire fuori di casa, ci sono i mezzi attrezzati, le auto attrezzate, i modi per comunicare al computer se non puoi parlare. Poi c’è la persona che ti lava, anche nelle parti intime, l’OSS. Tutto per offrire la massima autonomia possibile.
Pensandoci su, mi è sembrato che mancasse qualcosina. Che nessuno stesse pensando alla sessualità.
Io mi posso masturbare da solo, ma la mia difficoltà da ragazzo è stata la mancanza dell’intimità. Tu ti sarai chiusa in camera, in garage, in macchina, dove ti pare. Per me chiudermi a chiave in una stanza era un problema. Chiederlo alla mamma anche. Che poi lei si fa un calendario di tutte le volte che ti sei fatto le pippe, non mi sembra un granché. Ma chi lo chiederebbe? Appunto. Oppure c’erano le polluzioni notturne nel sogno, capitavano ma non me le godevo perché poi mi doveva cambiare mia madre, quando non mia nonna, e la cosa mi causava vergogna.
Nel mio caso la soluzione poteva essere una persona che mi aiutasse semplicemente a trovare il mio spazio intimo, dove avrei potuto fare l’esperienza della masturbazione in autonomia.
In casi più gravi, c’è anche la possibilità di essere accompagnato fisicamente alla masturbazione. Anche perché il progetto prevede il contatto fisico, l’abbraccio, le carezze, la nudità.. sarebbe una tortura altrimenti doversi fermare all’eccitazione!

intervista a maximiliano ulivieri

A che punto è oggi il progetto?
Un punto morto. La proposta di legge che è stata presentata in Senato nel 2014 non è mai stata discussa. Quindi per adesso non c’è una legge in Italia che inquadri la professione dell’assistente sessuale ai disabili.

Parliamone a livello ipotetico. A chi è rivolto? Chi potrebbe usufruirne?
La determinazione di criteri e procedure è rimandata alle regioni. Ci sarebbe un albo di professionisti al quale può accedere chiunque. 
È l’assistente a decidere se il caso può andare bene oppure no. Prevedere i singoli casi è complicato. Anche perché una persona può trovarsi con una disabilità estremamente grave ma genitori mentalmente aperti e amici che la aiutano, la portano fuori, creando le condizioni per relazionarsi, conoscere le persone giuste. Al contrario, qualcuno con una disabilità molto meno grave può vivere in un contesto completamente opposto e le difficoltà aumentano. Quindi non è la disabilità in sé a pesare, ma la storia della persona. In base alla storia e alla difficoltà, cerchiamo di aiutarla. L’aiuto può essere fornito in tanti modi.
L’ultimo caso di richiesta di aiuto è quello un ragazzo di 27 anni, con la SMA, allettato e tracheostomizzato. Mi ha chiamato un suo amico di Roma che ha preso a cuore la sua situazione. Questo ragazzo non riesce a fare nulla, non so neanche se si sia mai toccato, si guarda i porno dal mattino alla sera e sogna di avere un rapporto completo con una ragazza. Io gli ho spiegato che con gli assistenti non è comunque previsto il rapporto completo. Oltre il fatto che è lontano, a Reggio Calabria, e non avrei persone vicine da mandargli, c’è il problema che sua madre non ne vuole sapere. Il medico che lo segue sarebbe d’accordo ma non si espone e non si trova un accordo. Io non so come aiutarlo e come lui ci sono altri casi in cui non posso fare nulla.
Con l’assistente sessuale potrebbe vivere una bellissima esperienza.
Ti arriva una bella ragazza, ti spoglia, si spoglia, vedi un corpo nudo vero, reale, senti il suo odore, il suo calore, ti può abbracciare, ti può accarezzare, può arrivare ad eccitarti, toccandoti alcune parti del corpo, tu la puoi toccare fino a masturbarti. Partendo da zero, non sarà la penetrazione ma l’avessero detto a me! Me ne facevo una ragione. Eppure lui si è fissato sul rapporto completo.

Siamo ancora legati a quest’idea che fare sesso significhi infilare un pene dentro una vagina.
Infatti. Io gli ho detto che è meglio una mano nuda di un preservativo ma non riesco a convincerlo!
Ho già avuto un amico, di 27 anni, di Torino, che ricordo con piacere, che aveva la distrofia muscolare ed è morto per colpa di un piccolo virus ai polmoni. È un po’ simile alla mia malattia, la CMT-1A, però la mia prende i nervi e per induzione i muscoli. Io non posso fare movimenti antigravitari, la mano rimane così ma posso stringere; il braccio non lo posso allungare, io glielo dico ma non si muove, mentre posso stringere; questa gamba non la posso stendere, ho il nervo tutto tirato, mentre questa ha deciso di fare come le pare, la posso allungare. Anch’io nella respirazione non sono messo benissimo, ma non ho bisogno di un respiratore. Lui ha preso una bronchite ed è morto. Aveva anche scritto su un foglio #iostoconmax LoveGiver. Non sono riuscito ad aiutarlo.

maximiliano ulivieri università di bologna
#iostoconmax – Università di Bologna. Fonte immagine: lovegiver.it

[vc_row][vc_column][vc_separator color=”black”][vc_custom_heading text=”Mi confesso. Io sono stato a 24 anni con una escort che avevo conosciuto per caso. ” font_container=”tag:h2|text_align:center” google_fonts=”font_family:Playfair%20Display%3Aregular%2Citalic%2C700%2C700italic%2C900%2C900italic|font_style:900%20bold%20regular%3A900%3Anormal”][vc_separator color=”black”][/vc_column][/vc_row]

 

E quali sono le alternative oggi per queste persone?
Bisogna rivolgersi a qualche altro tipo di professione, che si può fare, non è vietato, ma devi trovare la persona giusta.
Vai sul sito giuliagambelunghepuntoit [non cercate, non esiste], la chiami, le spieghi che hai una disabilità e quella con molta probabilità riattacca. O magari la trovi.
Mi confesso. [scherza] Io sono stato a 24 anni con una escort che avevo conosciuto per caso. L’esperienza ha esaudito un grande bisogno fisico ma non ha cambiato nulla, ero triste come prima, il rapporto con il mio corpo non era cambiato, è stata solo una cosa fisica. Tra l’altro mi sono piaciuti di più i preliminari piuttosto che l’atto in sé.
O trovi qualcuno che riesca a metterci del calore, oppure rimane una cosa meccanica. In questo caso è meglio un assistente, con cui puoi vivere un’esperienza più limitata ma con empatia e calore, piuttosto che una professionista.
Io non ho nulla contro la prostituzione e non voglio farne una questione di gerarchia su cosa sia meglio o peggio. Semplicemente, sono persone diverse perché hanno obiettivi diversi. Una cerca cerca di fidelizzare il cliente, l’altra cerca di soddisfare un bisogno. Poi per diventare assistenti è previsto un percorso di formazione di 200 ore con medici, psicologi, sessuologi, che è diverso da quello che può fare una sex worker. Però se la sex worker vuol fare il corso di formazione, lo può fare e può diventare assistente.
Sui giornali era uscito che Ulivieri parlava male delle prostitute. MAI. Assolutamente. Ho fatto anche dei convegni insieme alle amiche ‘Zoccole dure’, che sono meravigliose, mi hanno aiutato, hanno fatto raccolte fondi per noi. Però se devo spiegare il percorso e alcune motivazioni base ci sono delle piccole differenze.
Ricordiamoci anche che l’assistenza sessuale non è soltanto per uomini ma è anche per donne e di qualsiasi orientamento sessuale.

Tutti possono diventare assistenti sessuali? Bisogna avere dei requisiti?
Prima di accedere al corso bisogna effettuare un test con il nostro psicologo sessuologo Fabrizio Quattrini, che è anche il presidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica – L’ho detto bene, Fabrizio. Una delle caratteristiche richieste è proprio l’empatia, che viene misurata attraverso il test. Sappi che esiste questo test se lo vuoi fare. Non è richiesta una formazione particolare. Se sei già un operatore o un educatore di disabili puoi essere favorito, soprattutto perché sai già maneggiare il corpo un po’ strampalato. Ma non è richiesto. C’è Anna, che si è fatta intervistare diverse volte, laureata in filosofia e fa la fotografa, quindi non c’entra nulla con l’educazione ai disabili, però lei riesce ad immaginarsi di poter aiutare queste persone.
Il corso è importante perché esiste anche la disabilità intellettiva e ci occupiamo anche di questo. Anche loro sono delle persone e hanno impulsi. Ma il modus operandi può essere completamente diverso, le difficoltà a relazionarsi, parlare, esprimere il proprio bisogno complicano la situazione.

Immagino che la difficoltà sia quella di andare ad agire caso per caso
Assolutamente. E anche con la stessa disabilità le persone possono avere modi diversi di esprimere il bisogno. Tanti si esprimono in modo diretto, fanno dei ragionamenti semplici.
Le persone con disabilità che hanno il supporto e l’aiuto di amici e persone vicine, hanno le possibilità per vivere la sessualità e le relazioni in maniera soddisfacente, per se stesse e per gli altri. Io sono sposato da quasi 10 anni, ho avuto anche altre relazioni. Tante persone con disabilità vivono queste situazioni. Però non esclude il fatto che per alcuni sia molto complicato. Da una parte c’è una lotta affinché la società, la cultura del paese, modifichi questa immagine stereotipata del corpo per aiutare la gente ad abituarsi alla diversità. Quanti ne hai visti tu così prima?
Nessuno.

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Adesso ti intervisto. Quali sono le tue sensazioni? Fa un po’ strano?
Fa un po’ strano.

Strano mi piace.
In realtà sono preoccupata di come io possa sembrare ai tuoi occhi, perché non voglio in alcun modo mancarti di rispetto o sembrare che la cosa mi crei imbarazzo…

Capisco, o far vedere che sei tropo delicata. È un casotto, è vero.
Questo è rompere anche un mio tabù in qualche modo e fare una cosa nuova, aprirmi ad un’esperienza che mai avrei pensato probabilmente di fare.

Mai, assolutamente mai! [mi prende in giro]
Però ti dico. Non ti capiterà altre volte o ti capiterà forse. Ma se tu ne vedrai altri 10 così, vedrai che al decimo è già tutto diverso. Ma non c’è nulla di strano. Se tu vivessi in un posto dove tutti camminano sottosopra, la strana saresti tu. È un concetto banale ma è cosi.
Lo raccontavo ai ragazzi dell’università di Bologna “non vorrei offendere in questo video i poveri eschimesi”. La donna eschimese, che è molto diversa da noi fisicamente, magari non ispira chissà quale fantasia, ma per l’uomo eschimese è un gran pezzo di gnocca. Oppure la nostra mediterranea formosa, con il seno grande, se la vede un eschimese non capisce cosa ci troviamo di bello. È solo una questione di abitudine. I media fanno passare sempre i soliti corpi, quelli normali, per qualsiasi pubblicità, anche per un dentifricio.
Io non posso fare una pubblicità per un dentifricio, per un orologio, per nulla. Forse perché poi uno pensa che se compra quell’orologio diventa come lui, disabile.

Secondo me è anche peggio, non vieni escluso, non scelgono di non prendere te, semplicemente non esisti.
Non esisto, sì, può darsi.
Brava, proprio. Mi hai detto una cosa cattivissima, è vero, non sono neanche nella scelta. Non sono in lista.
È brutto.
Vuoi dirmelo ancora?
Questo l’ho detto anche quando ho partecipato al TED, di cui sono orgoglioso, anche se non ho ancora visto il video perché ci vuole un botto per averlo [nel frattempo è stato pubblicato e lo trovate qui]. Quand’è che vedi i disabili in tv? Ci sono due situazioni principali.
Quando si parla dei problemi di accessibilità…
Quello o le raccolte fondi. Io un giorno, per caso, vidi disabili da tutte le parti, sulle reti tv, sui giornali, sembrava una rivoluzione, invece era Telethon. Che va benissimo, la ricerca è fondamentale, ma il punto non è quello.
Quindi ricerca fondi, abbattimento barriere oppure se sono supereroi dello sport, come Zanardi o Bebe, che adesso la si vede ovunque. A lei hanno fatto fare delle pubblicità, è qualcosa.
Ma io non ho mai visto un disabile in tv non parlare di disabilità. Noi parliamo soltanto di questo, 24 ore su 24, due palle mostruose. Perché non potremmo parlare di cucina? O di musica? Potrei fare il presentatore, no? Quando mi vedono mi dicono che sono bravo a parlare. Chiamatemi! Sarò un po’ meglio della D’Urso.

[A questo punto mi sono soffermata su un libro di Picasso, appoggiato su un tavolino vicino a noi, e gli ho fatto una domanda pensando di andare fuori tema e di doverla tenere fuori dall’intervista. La sua risposta non poteva essere più in tema e illuminante.]


I tre musici, Picasso (1921)

[vc_row][vc_column][vc_separator color=”black”][vc_custom_heading text=”Io mi sono visto come un Picasso, qualcosa di difficile da comprendere, da amare, ma che comunque rimane un Picasso. Se tu lo sai amare, lo ami perché è unico.” font_container=”tag:h2|text_align:center” google_fonts=”font_family:Playfair%20Display%3Aregular%2Citalic%2C700%2C700italic%2C900%2C900italic|font_style:900%20bold%20regular%3A900%3Anormal”][vc_separator color=”black”][/vc_column][/vc_row]

 

Ti piace Picasso?
In realtà ho un legame molto profondo con Picasso, perché è stato responsabile dell’evoluzione del mio atteggiamento verso il mio corpo. Il mio errore iniziale è stato rapportarmi ai corpi standard, allo stereotipo. Se quello era il ‘corpo normale’ io mi allontanavo anni luce, e quindi mi sentivo inferiore. Era questo il gioco che mi fregava. Spesso i cambiamenti nella vita capitano quando incontri alcune persone che ti fanno vedere le cose da una nuova prospettiva. Nel mio caso, io ho conosciuto una pittrice che mi ha intrufolato nel mondo dell’arte. Nell’arte il mio corpo non è come lo vedevo io, assume una bellezza tutta sua, perché nell’arte tutto ciò che spezza dalla banalità diventa molto attraente. Lei è rimasta colpita dal mio corpo, mi ha fatto anche un quadro, è stato il mio primo nudo ai tempi, e siamo diventati amici. Mi ricordo che la mia ex era gelosissima. Ho l’immagine di questa scena dove lei mi dipinge nudo sul letto mentre la mia ex mi scalda con il phon perché faceva freddo, era inverno. Entrando nel mondo dell’arte ho elaborato questa immagine: prima sono nate le pitture classiche, come quelle di Raffaello e Michelangelo, e poi a un certo punto è arrivato Picasso, che ha sconvolto tutto. Per una persona, vedere un Picasso per la prima volta dev’essere stato un po’ come per te la prima volta che hai visto uno come me. Stessa faccia. In quel caso o scappi, non lo comprendi, oppure succede il contrario, pensi che sia un genio, meraviglioso, mai visto. Io mi sono visto come un Picasso, qualcosa di difficile da comprendere, da amare, ma che comunque rimane un Picasso. Se tu lo sai amare, lo ami perché è unico.

È bellissimo. Funziona.
Da allora ho pensato che se passa una ragazza che mi guarda un po’ di storto e fa la faccia un po’ così, è perché le piace Michelangelo, affari suoi, ognuno ha i suoi gusti. Se invece trovo quella che si sofferma, so che è un’intenditrice di Picasso. E infatti mi è successo così. Con mia moglie, ad esempio. Uno potrebbe pensare che abbia lavorato in qualche associazione, che sia sempre stata a contatto con disabili. Mai visto un disabile. Vive in un paesino dove anche solo girare per un disabile è complicato. Ci sono persone che hanno dentro questa cosa. Lei quando mi ha visto non ha fatto nessuno sguardo particolare, mi ha mangiato vivo dalla prima volta. Probabilmente per altre persone l’abitudine di lavorare con disabili è servita. Ma alcuni questa cosa ce l’hanno dentro di loro e ti fanno sentire bene.

Molti probabilmente non se lo immaginano, ma c’è qualcuno che ha anche fantasie sessuali sui disabili.
Diversifichiamo. Una cosa è lo sguardo del Picasso. L’altra è il devotismo.
Il devotee è attratto dalla disabilità, anche sessualmente, ma non guarda la persona, non esiste.
Diciamo una cosa controcorrente.
I devotee non ti trattano male, il contrario. Sono soprattutto uomini. Tanti disabili uomini provano a chiedere se ci siano ragazze devotee, ce ne sono molto molto meno. Ti trattano benissimo e va bene se tu ti senti bene in quella situazione. È bello sentirsi attraenti e desiderati, ma a me personalmente non piacerebbe perché capirei che di me fondamentalmente non gliene frega nulla, è il corpo che gli interessa. Se tu fossi una devotee saresti interessata al fatto che io sono storto. E più sono storto più ti prendono delle fantasie e impazzisci, per la mia gobba. Non ti interessa come sono dentro, come persona. Magari nel corso della relazione impari a conoscermi e va bene, ti piace. Ma principalmente lo fai per la disabilità.
Tanti mi hanno detto che non è poi così diverso da quando, ad esempio, ti piace quella bionda con le tette grosse. Anch’io posso avere dei gusti fisici, ma non mi relaziono con una persona solo per quello. Non voglio parlare male dei devotee, è solo un approccio diverso.
Io ho amiche che hanno avuto delle relazioni piacevoli. Potrebbe anche funzionare come un risveglio. Ora che sto parlando con te, potrebbe avere un senso. Se il mio problema è il corpo, se non mi trovo bene con il corpo, non lo considero attraente, e vedo te che sei un devotee e ti piace un casino, una volta finita la storia tra me e te potrei sentirmi anche più forte, più accettato. Può essere? Può essere. Può darsi che mi lasci qualcosa, anche fosse solo qualcosa di fisico.
Non sarebbe giusto giudicare chi va con un devotee quando io vado con una escort. Non avrebbe senso farne una questione di gerarchia…

È un’esperienza diversa, credo. Io mi riferivo esclusivamente alle fantasie sessuali.
Si perché la gente non pensa che una persona possa essere attratta da me e sentirsi eccitata.
Per fortuna ci possono essere dei particolari che ti colpiscono di una persona. A mia moglie piaceva magari il mio modo di parlare, gli occhi, la bocca. È giusto che ci sia anche questo come c’è in tutte le persone. La gente non si immagina…

La gente non si immagina. Punto.
Al TED, scherzando, ho detto “non so se vi siete resi conto che io sono disabile”, dopo un po’ che parlavo. “Se non ve ne siete resi conto, vi ho portato delle slide che mostrano le diverse posizioni che io faccio con mia moglie”, scherzavo. Perché effettivamente non se le immaginano. Magari pensano a quella del missionario al contrario, con me sotto e lei sopra. Invece si può diversificare. Sono arrivato a 6, 7 posizioni. Grazie anche a mia moglie, che vede in me una persona a cui poter chiedere. Non pensa ‘poverino’ quando mi guarda. Mi dice “proviamo, secondo me ce la fai”. Con lei ho scoperto tantissime cose. In altri casi magari le altre non chiedevano e io non chiedevo.

Ognuno tende a limitarsi, e a trascinarsi… 
Non c’è comunicazione, anche tra voi bipedi. Ci si vergogna nel dire cosa piace. Nessuno dice ‘fai così, non così’. Non possiamo pensare di essere tutti uguali.

Maximiliano Ulivieri intervista

Il progetto prende in considerazione anche la sessualità di coppia?
È capitato un caso di una coppia di disabili. Li la complicazione è doppia. Un assistente sessuale uomo li ha portati in un hotel, li ha spogliati, li ha messi sul letto, vicini, li ha lasciati lì un paio d’ore, poi è tornato, li ha rivestiti e li ha portati via. Questo è un caso semplice, è successo in Svizzera. Nel caso di una coppia in cui uno non è disabile ci potrebbe essere bisogno d’aiuto se l’altro ha un tipo di patologia come la paraplegia, che ha tante sfumature. Puoi avere sensazioni a livello genitale oppure no. Pur non provando nessuna sensazione si può ottenere un’erezione indotta con farmaci o strumenti. Tu dici “a che serve se tanto non senti niente?” Mica ci sei solo tu! Per far godere il partner. Il fatto di vedere qualcuno godere ti fa eccitare mentalmente. Se la coppia non è molto pratica potrebbe essere aiutata dall’assistente.
Poi rimane il tabù ancora più grande della sessualità delle donne. Se un uomo chiede di fare sesso va bene, se lo chiede la donna, diventa subito meno rispettabile. Poi la donna aspetta il principe azzurro. Mi viene in mente una donna di 47 anni che ha subito varie operazioni che le hanno causato difficolta ad allargare le gambe. Lei non ha più avuto una relazione per paura di arrivare al momento del rapporto e non essere in grado di farlo. Un assistente potrebbe farle capire come muoversi. Oppure una ragazza di Bologna che non può a muovere le mani e aveva scritto un articolo, Passera accessibile, per includere l’utilizzo di sex toy. Qualcuno potrebbe aiutare anche con quelli.
Ma scusa, con tutte le rotture di scatole che abbiamo ogni giorno nella vita! Abbiamo un’energia fantastica, poi la donna lo può fare quante volte le pare, potrebbe provare del piacere in un corpo che magari le da dolore o prigionia.

Anzi, potrebbe instaurare un bellissimo rapporto con il proprio corpo e scoprire un nuovo modo di relazionarsi con se stessa
Potrebbe aprire un blog! No che poi fa concorrenza a te. Però una disabile con un blog sui sex toys sarebbe fighissimo.

Che tipo di resistenze sta incontrando il progetto in Italia?
Sicuramente la chiesa potrebbe ostacolare l’iter della legge. Il freno più importante è posto dalle grandi associazioni che non prendono una posizione a riguardo perché hanno timore di creare scompiglio all’interno dell’associazione stessa. Questo impedisce al mondo politico di percepire il reale bisogno della legge e del progetto, che quindi passano in secondo piano. Finché si tratta di promuovere una vita indipendente, l’abbattimento delle barriere e cose così siamo tutti uniti. Quando si parla di sessualità nessuno dice niente. Devono avere il coraggio di prendere una posizione.

Ci sono resistenze da parte della famiglie dei disabili?
Solitamente, quando facciamo i corsi di formazione per gli educatori, si parte parlando dei problemi delle persone disabili e si finisce sempre con quelli dei genitori. Le famiglie dei disabili si oppongono, non comprendono la necessità, nel caso di una figlia è ancora peggio. Ti immagini il genitore che fa toccare, volutamente, la figlia a un uomo, pagandolo pure? E non è il problema di vederlo come un prostituto, ma il fatto che sia un uomo a toccare la figlia. Non c’è un’apertura neanche con i figli maschi molte volte. Alcuni ragazzi sono estremamente legati alla presenta di una persona, dei familiari, non sono indipendenti. Se fanno qualcosa che va contro alla volontà dei genitori la convivenza diventa impossibile.

E resistenze da parte di persone disabili?
Non mi stendono un tappeto con le rose. Molti hanno paura del giudizio delle persone. Tanti pensano che ammettere di aver bisogno di una persona con una certa formazione per vivere la sessualità equivalga a dire che chiunque non abbia prima fatto un corso apposta non può fare sesso con i disabili.
Per me è il contrario. Se richiedo un assistente alla sessualità è perché, come tutti, disabili e non, ho dei bisogni, solo che non riesco a viverli come tutti gli altri per via di impedimenti fisici o mentali. Però il mio bisogno è uguale al bisogno di tutti. Eppure tanti hanno paura di ammettere di avere bisogno un’altra forma di assistenzialismo. Non ti devi vergognare di aver bisogno di aiuto, non c’è nulla di male.
Una persona che ti lava il sedere va bene, ma una che ti aiuta a vivere la sessualità no perché poi chissà cosa può pensare la gente! La gente.

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a masturbare i figli” font_container=”tag:h2|text_align:center” google_fonts=”font_family:Playfair%20Display%3Aregular%2Citalic%2C700%2C700italic%2C900%2C900italic|font_style:900%20bold%20regular%3A900%3Anormal”][vc_separator color=”black”][/vc_column][/vc_row]

 

Quali sono le soluzioni per i disabili che oggi vogliono vivere la propria sessualità?
A parte i genitori che vanno a cercare delle prostitute o dei prostituti, alcune mamme arrivano loro stesse a masturbare i figli con disabilità intellettive gravi.
Per una donna è più complicato. C’era una ragazza che sentiva le amiche parlare dell’orgasmo, per lei era un miraggio, i genitori non ne volevano sapere e ha incaricato le amiche di cercare un gigolo. Peccato che questo le abbia sparato 1400 euro e ciao.
Noi abbiamo iniziato il corso di formazione a settembre dell’anno scorso, anche senza la legge. Ce ne sarà un altro. Il corso non lo vieta nessuno, è un corso di formazione per operatori all’emotività, all’affettività, alla sessualità che riguarda anche l’aspetto emotivo e psicologico. Quindi abbiamo delle persone pronte che faranno il tirocinio di 100 ore, andranno all’interno di associazioni che hanno aderito all’osservatorio nazionale del nostro comitato, al progetto. Per loro si tratterà di ascoltare le storie, le situazioni, imparare a comunicare soprattutto con chi ha una disabilità intellettiva, con un autistico, uno affetto da sindrome di Down o di Williams, per capire come poter interagire con queste persone. Anche questo non è un problema. Il problema si presenterà dopo, quando io inizierò a mandare i miei contatti alle persone che li richiedono. In quel caso potrebbe nascere il favoreggiamento alla prostituzione. Perché prostituirsi non è un reato in Italia. Sono un reato l’induzione, lo sfruttamento e il favoreggiamento. È un rischio che io mi prendo volentieri, ma mi dispiacerebbe andassero in mezzo i genitori.

Bel casino
È un casino perché è una cosa stupida. C’è gente che ha bisogno e gente disposta ad aiutare. Non dovrebbe esistere il problema.

yes-we-fuck
Scena tratta dal documentario Yes, we fuck!

Esiste la somministrazione di farmaci che inibiscono lo stimolo sessuale?
Purtroppo si. Tu immagina un disabile intellettivo con una grande forza fisica e molto aggressivo: in una struttura può essere pericoloso. L’intento è fargli vivere delle situazioni con un assistente, evitare di dover incorrere in medicinali che influiscano sull’energia, sull’umore. Sono una cosa orribile ma capisco che in alcuni situazioni più complicate può essere necessaria. Conosco un ragazzo con disabilità autistica che era aggressivo con la madre, a me a volte ha preso per il collo. In quei casi c’è bisogno di intervenire. Forse potremmo risolvere la cosa con qualcuno che gli faccia liberare la sua energia.
Quando l’ormone sale, quando si manifesta un bisogno a livello fisico, una persona senza controllo può creare dei grossi problemi.

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Ci sono disabili che si prostituiscono per altri disabili?
Secondo me si ma non lo so con certezza. Sicuramente esistono disabili che si prostituiscono per non disabili.
Ogni persona che voglia costruirsi un contesto in cui vivere la propria sessualità dovrebbe poterlo  fare. Poi purtroppo esiste la parte dell’abuso.
Molte donne con disabilità intellettive vengono abusate. Anche in questo caso potrebbe venire in aiuto l’assistenza, fornendo ai disabili persone fidate con cui vivere la propria sessualità, senza dover cercare situazioni sconosciute in giro.
A me è capitato di incontrare una ragazza con disabilità intellettiva in chat. Mi diceva le peggio porcate, a me che sono sposato e sono disabile pure io. Immagina quanto bisogno ha questa ragazza. Ma se invece di scrivere a me scrivesse a qualsiasi altro uomo, si prenderebbe dei rischi. Oppure ci sono disabili uomini che si ritrovano con donne spietate che si beccano dei soldi promettendo chissà cosa e poi magari non lo fanno.
So di un ragazzo che pagava una ragazza semplicemente perché lo portasse in giro, come accompagnatrice, finta fidanzata.
Poi vedo film come Yes, we fuck! con questa stanza piena di cuscini dove ci sono disabili e non disabili e ognuno vive la sessualità come gli pare, con il sorriso, scherzando, col frustino per frustare il sedere. Una stanza meravigliosa. Tutti dovrebbero vivere la sessualità così, sorridendo e ridendo, perché la sessualità è gioia.

È piacere.
Invece quando se ne parla sembra una tragedia, un dramma, un problema. Anche nei convegni iniziano a parlare del ‘problema’. Il problema è non averlo, il problema. La sessualità è un bisogno naturale.


Io e Max abbiamo terminato qui l’intervista, ma la conversazione sarebbe potuta durare ore.

Non gli ho neanche dato il tempo di vantarsi per l’ultimo progetto: Max ha recitato nel film Mark’s Diary di Giovanni Coda, che si sviluppa tra narrazione e realtà per raccontare la storia di due ragazzi che si amano ma non possono accedere a nessuna forma di intimità a causa della loro disabilità. Per eliminare le barriere che li separano, costruiscono un mondo virtuale in cui, attraverso due personaggi di fantasia, possono vivere il loro amore.

Questo è il nostro selfie di fine intervista.


Qui sotto ci sono alcuni link interessanti legati al tema della sessualità nella disabilità.

LoveAbility è il libro curato da Max, edito da Erickson, che affronta il tema dell’assistenza sessuale per disabili attraverso testimonianze dirette e la prospettiva di ricercatori, decisori politici, operatori.

Sul sito yeswefuck.org potete vedere il lungometraggio Yes, we fuck!, un documentario spagnolo che indaga il rapporto dei disabili con il sesso.   

Boudoir disability è un progetto fotografico per imparare a guardare la disabilità con occhi diversi in una veste sensuale e femminile.


Foto: I’M

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