Il primo che passa libro tra tulipani

Il primo che passa, di Gianluca Nativo

Il primo che passa è un romanzo di formazione che segue il protagonista – Pierpaolo Tammaro – nel percorso di scoperta ed esplorazione della sua identità sessuale. 

Pierpaolo ha vent’anni ed è gay ma non si è mai concesso di esserlo. 

Pierpaolo vive nella periferia di Napoli ma non si vuole mischiare con lei, la guarda dall’alto del suo privilegio (o quello che considera tale) – l’ultimo piano di una palazzina costruita da suo padre, irraggiungibile dai ladri e dalla calura estiva; una casa-fortezza abitata silenziosamente da sua madre e impeccabilmente tirata a lucido dalla domestica di famiglia, Rafilina.

Pierpaolo lascia scorrere la vita senza guardarsi dentro e senza porsi domande, assecondando le aspettative dei genitori – che si impegnano a non fargli mancare niente in cambio del suo impegno a farcela nel futuro già scritto di medico – e quelle dei pochi amici che frequenta, più per abitudine che per scelta, senza mai costruire legami significativi, e che lo incoraggiano a farsi avanti con le ragazze. Quello più presente (per ore di tempo trascorse nello stesso posto, non per coinvolgimento emotivo) è Angelo, maschio alfa etero-convinto che dà sfoggio della sua mascolinità predatoria e delle sue conquiste sessuali e ostenta una sicurezza che Pierpaolo non ha mai padroneggiato. 

Anche se a conti fatti Angelo vantava più esperienze di tutti, nessuno doveva sfigurare. Persino chi come me viveva un tremendo ritardo aveva sempre qualche aneddoto che somigliava al sesso da riformulare più volte senza perdere di credibilità. Con la virilità non si scherzava. Per farlo bisognava essere tutti d’accordo, abbandonandosi a pacche sul culo o strizzate di palle.
E così l’adolescenza era passata senza attraversare tappe obbligate, riti d’iniziazione. Mentre gli altri cercavano di definire se stessi io mi appoggiavo al carisma del mio migliore amico. 

Angelo organizza continuamente feste sulla sua enorme terrazza, dove si assicura la popolarità intrattenendo ragazze e ragazzi con catering smisurati pagati profumatamente dalla ricchezza sfacciata della famiglia.

Durante una di queste feste Pierpaolo riceve dei segnali inequivocabili dal suo stesso corpo e percepisce una chiara attrazione per un ragazzo. 

Mentre torna verso casa, un secondo evento inatteso fa sgretolare il suo mondo posticcio fatto di poche (e precarie) certezze: suo padre – rispettato costruttore edile – viene arrestato con un’irruzione dei carabinieri in casa e poi condannato agli arresti domiciliari.

È a questo punto che Pierpaolo decide di cambiare approccio alla vita, di aprire gli occhi su quello che lo circonda e di assecondare le sue pulsioni e buttarsi finalmente nell’esplorazione della sua sessualità, recuperando il ritardo che pensa di aver accumulato su una specie di rito di passaggio che i suoi amici hanno tutti vissuto prima di lui.

Il sesso per me restava un affare complicato. Non ero abituato – nessuno me l’aveva insegnato – a seguire impulsi che fossero miei e non di tutti. Nessuno dei miei amici aveva speso il tempo che ho speso io a domandarsi chi dovessero essere. Lo sapevano già. Lo provavano in casa e fuori casa, sui campi da calcio o in sella al motorino, durante le estati intorno a un falò. Il sesso, se per gli altri era un impulso che aveva il diritto di non definirsi, per me era una legge del desiderio già scritta, cui obbedire senza entusiasmo. Chissà se, a mia insaputa, lanciavo già segnali nell’universo, come un satellite in avanscoperta, in attesa di un indizio che confermasse la realtà dei miei istinti.

Ma Pierpaolo affronta il suo desiderio nella completa assenza di strumenti di consapevolezza e modelli di vita ai quali ispirarsi. La sua unica formazione fino a quel momento è avvenuta dentro casa e dentro i libri, mai dentro sé stesso. Pierpaolo non ha mai coltivato passioni o interessi, non si è mai chiesto cosa gli piace, non ha mai davvero abitato consapevolmente il suo corpo.

Il desiderio è la spinta che lo porta fuori di casa, fuori dalla periferia e verso il primo che passa

In casa nessuno mai parlava di sesso. Mia madre lo rendeva un malaffare, una cosa volgare, non provava a nominarlo neanche con la malizia, mentre mio padre era capace di esprimersi solo con oscenità dette a mezza voce. Si affidavano alla mia vita in città, sicuri che lì avrei trovato le mie risposte da solo. Invece quel pomeriggio andai a cercarle proprio sotto casa.

Inizia così una sequenza di incontri sessuali casuali con sconosciuti, in cui Pierpaolo prova a decodificare il senso e le dinamiche della sessualità osservando e assecondando (ancora una volta) gli altri e non sé stesso, sperimentando disorientamento, delusione e a volte anche disgusto, più che piacere.  

I miei sensi erano impegnati in un desiderio acerbo che nemmeno gli algoritmi delle app di incontri riuscivano a soddisfare. Non mi rassegnavo al tempo sprecato finora e chiedevo un risarcimento. Andavo a caccia di sguardi. Mi bastava l’intesa, l’inseguimento, la conferma di un’intuizione nata dal nulla.

Tra i vari incontri ce ne sarà uno che evolverà in una vera e propria relazione stabile, anche questa vissuta più da spettatore esterno che da protagonista.

In tutte queste esperienze Pierpaolo si trascina con inerzia e passività, rimanendo sempre sullo sfondo, senza mai mettersi in gioco realmente, senza assumersi la responsabilità del suo piacere e senza mai connettersi visceralmente con il suo corpo.

Pierpaolo sa di essere gay ma, oltre quello, non riesce a (e non fa niente di concreto per) mettere a fuoco la sua identità. Non entra neanche mai in conflitto con i genitori, pur comprendendo tutti i limiti del modello di vita che loro portano avanti e cercano di imporre a lui.

Pierpaolo è fuorviato dall’idea che il sesso e l’amore siano dimensioni semplici e preconfezionate che non richiedono particolare impegno personale per essere vissute.

Il primo che passa non è che l’inizio di un percorso di formazione. Pierpaolo non arriva a nessuna risposta, a nessuna verità particolare, perché non sa neanche che domande porsi. Il suo è un percorso condiviso con tanti ma sostanzialmente solitario, quasi in posizione di difesa.

Ammetto di essermi sentita sopraffatta da un senso di incompiutezza e di aver fatto fatica a sentirmi coinvolta durante la lettura. Ho trovato difficoltà a empatizzare con il protagonista, infastidita dalla sua indolenza. Ma poi mi sono ricordata che Pierpaolo ha vent’anni, non conosce il mondo e non si rivede in quello in cui è nato e cresciuto; che è circondato da persone che invece di incoraggiarlo a scrivere la sua storia gliene indìcano una già scritta, da seguire senza ‘ma’; che vive in una società che nega l’educazione sessuale e sentimentale e si trascina una cultura repressiva che vuole far viaggiare tutti sugli stessi binari etero-direzionati

Il primo che passa è il romanzo d’esordio di Gianluca Nativo, edito da Mondadori a gennaio 2021.
216 pagine
ISBN: 9788804735250

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