Giugno è #PrideMonth, il mese dell’orgoglio. Di orgoglio di essere quel che si è: persone, prima di tutto. Persone che amano persone. Di ogni genere e orientamento sessuale.
È il mese del #LoveIsLove, dell’amore dirompente che travalica tutte le barriere.
Quello a cui Febbraio, con il suo San Valentino, le rose rosse e i cuori di cioccolato, fa una pippa.
Perché l’amore è un sentimento libero, senza forma e senza colore. Di tutti i colori.È una festa policroma con sottofondo di tamburi e fischietti, non un incontro monocromatico per 2 della durata di un pasto di 3 portate.
Giugno è il mese in cui i membri della comunità LGBT+ camminano per il mondo a testa alta, sventolando bandiere arcobaleno e seminando piume, glitter, paillettes, e in cui gli etero-ottusi si chiedono se sia proprio necessario.
Si, è proprio necessario. Perché essere visibili significa esistere e le sfilate a questo servono: dare visibilità a chi, durante gli altri 11 mesi dell’anno, viene (ancora) discriminato per la propria identità di genere e il proprio orientamento sessuale; a chi, in passato, ha dovuto lottare con la forza contro abusi, violenze e brutalità inflitte da una società che ha fatto dell’eterosessualità una regola e dei generi uomo/donna le uniche identità possibili (e dell’omosessualità un “disturbo mentale”).
Giugno è stato scelto come Pride Month per commemorare i Moti di Stonewall, una serie di scontri violenti iniziati nelle prime ore del 28 giugno 1969 quando la polizia ha fatto l’ennesima irruzione di routine nello Stonewall Inn, locale gay nel Greenwich Village di New York. Quella mattina qualcosa è cambiato e i membri della comunità gay hanno deciso di reagire e contrastare gli attacchi. L’evento viene simbolicamente considerato la nascita del movimento di liberazione omosessuale contemporaneo: gli scontri sono durati 6 giorni e hanno coinvolto migliaia di persone, diventando un simbolo di resistenza alla discriminazione sociale e politica e di solidarietà tra gruppi della comunità LGBT+. C’è anche un volto associato ai moti di Stonewall ed è quello di Sylvia Rivera, attivista transessuale che si vuole abbia cominciato la protesta gettando la prima bottiglia contro un agente.
Un anno dopo, il 28 giugno 1970, il primo gay pride ha sfilato per le strade di New York, dal Greenwich Village a Central Park, nella giornata che è passata alla storia come il Christopher Street Gay Liberation Day (dal nome della via dov’era ubicato lo Stonewall Inn).
“Migliaia di Omosessuali Tengono una Manifestazione di Protesta a Central Park” titolava la prima pagina del The New York Times.

Da allora le sfilate celebrano l’orgoglio omosessuale popolando i centri delle maggiori città del mondo.
Quest’anno voci famose in tutto il mondo si sono unite a quelle dei membri della comunità LGBT+ per segnare l’inizio del Pride Month 2018. Sono le voci che la gente ascolta, voci potenti in grado di diffondere messaggi che possono trasformare l’amore in un messaggio virale intercontinentale, creando sentimenti collettivi che possono rendere il mondo un posto più umano.
Sono le voci di Taylor Swift e Ariana Grande, che hanno dedicato parole di amore alla comunità LGBT.
L’amore è come la musica. Non conosce limiti e non è esclusivo di un genere, razza, sessualità, età o credo. È una forma di libertà e un lusso di cui tutti dovrebbero poter godere.
Sono le parole della lettera di Ariana Grande alla comunità LGBT+ pubblicata su Billboard.
Questo mese e ogni mese voglio inviare il mio amore e il rispetto a tutti coloro che hanno avuto il coraggio di essere onesti su come si sentono, di vivere le loro vite così come sono, come si sentono di dover essere, come si identificano.
Quando si tratta di sentimenti e di amare e cercare qualcuno con cui passare tutta la propria vita… è tutto molto, molto “delicate”.
Sono le parole del discorso con cui Taylor Swift ha aperto il concerto di Chicago prima di esibirsi nel nuovo singolo Delicate.
Sono parole che abbiamo bisogno di sentire da questa parte di mondo, in cui i titoli delle notizie le fanno voci stonate come quelle del nuovo ministro della Famiglia e della Disabilità Lorenzo Fontana, che si è espresso contro ogni tipo di famiglia diversa da “quella naturale”, “composta da uomo, donna e figli”, contro tutte le famiglie arcobaleno, che “per la legge non esistono”.
Sono voci che rimarranno fuori dal coro e non diventeranno nient’altro che un flebile brusio di fondo mentre i tamburi dell’orgoglio risuoneranno nelle maggiori città italiane sostenendo tutte le famiglie, composte da tutti i tipi di persone, unite da tutti i tipi di amore.
In Italia le sfilate dell’orgoglio sono già cominciate e qui trovate tutte le date.
Qui invece ci sono le date di tutti i pride del mondo, tra cui quelli di Madrid e Barcellona, i pride più grandi di Europa che durano diversi giorni e uniscono milioni di persone, e quello di San Paolo del Brasile, il più grande del mondo, che si è tenuto sabato 3 giugno (qui le foto).
Il “+” dopo LGBT è il tentativo di rappresentare tutto lo spettro delle identità possibili che le definizioni Lesbian, Gay, Bisexual e Transgender non riescono a coprire. Talvolta si usa anche un acronimo più esteso: LGBTQIA – Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali, Asessuali, dove la Q ha un doppio significato ed è l’iniziale di Questioning, termine in cui si possono riconoscere tutte le persone che stanno facendo un percorso di esplorazione della propria sessualità e/o genere e decidono di lasciare la propria identità in sospeso.
Fonte immagine: theguardian.com | Ph Nelson Antoine/AP