Il Torture Garden è il più grande, il più famoso, il più longevo fetish club del mondo.
Non si tratta di un luogo fisico ma di un evento: una notte di musica non stop, latex, spettacolo, arte e sesso, in cui si confondono i confini tra piacere e dolore, tra fantasia e realtà, tra permesso e proibito.
Tutto è iniziato a Londra, nel 1990, quando 100 persone si sono radunate, di latex e pelle vestite, in un pub nel quartiere ovest di Shepherd’s Bush per il primo Torture Garden. Da allora il TG ha travalicato i confini geografici e accolto sempre più entusiasti, compresi ospiti d’eccezione come Marilyn Manson, Alexander McQueen, Jean Paul Gaultier, e Dita Von Tease che ha scelto il TG per il suo debutto in Inghilterra. Oggi il TG attira migliaia di entusiasti ogni mese, divisi tra gli eventi organizzati a Londra e le date occasionali in tutto il mondo. Dal 2007 il Torture Garden arriva anche in Italia, una volta all’anno, ospitato dal Ritual The Club di Roma.
Quello che non è cambiato, in quasi 30 anni di fetish clubbing, è l’ambiente di estrema apertura, sperimentazione e inclusività che incoraggia la diversità e la massima libertà di espressione.
Per saggiare le vibes autentiche del TG noi siamo stati a quello di Londra, all’Electrowerkz, location storica del TG dal sapore industriale decadente, disposta su tre piani.
Prima di raccontarvi cosa c’è dentro al Torture Garden, vi raccontiamo cosa succede appena fuori, a pochi passi dall’ingresso.
Il controllo outfit
Al TG l’outfit è una cosa che prendono seriamente: se non rispetti il dresscode, torni a casa (senza rimborso del biglietto). No jeans, no discreti completi da gentleman, no anonime camicie di cotone, no mezze misure. Sì a latex, pelle, borchie, uniformi, cappelli, copricapi, code, collari, guinzagli, guanti, reti, catene, corde, vestiti e accessori di ispirazione militare, circense, burlesque. “Se puoi prendere la metro senza che nessuno inizi a fissarti” e se il tuo outfit “non fa girare le teste per strada”, “non scomodarti a indossarlo al TG”, esemplifica il sito. Il dresscode inflessibile serve per non snaturare l’anima fetish e anticonformista dell’evento e per mettere gli avventori nelle condizioni di avere la libertà di immaginare ed esprimere la versione più estrema ed eccessiva di sé.
Così ci siamo ritrovati a alzare vestiti e abbassare pantaloni in mezzo alla strada per permettere agli addetti al dresscode di verificare che i nostri pezzi di outfit fossero sufficientemente radicali. Ci siamo poi chiesti cos’abbiano mostrato all’ingresso quelli che abbiamo trovato poi dentro completamente nudi, ma per ora rimaniamo col dubbio.
Passato il controllo outfit, e mostrato (poi controllato, scansionato, schedato e restituito) il documento, abbiamo varcato finalmente la soglia che separa il mondo routinario e in sfumature di grigio da quello eccentrico, colorato, piumato, glitterato dove (quasi) tutto è possibile.
Ora passiamo dentro il Torture Garden.
C’è la musica
Eclettica, progressiva e sperimentale, mai uguale, diversa per ogni piano, sala, ambiente: elettronica, dub step, disco punk, techno, drum’n’bass, glamour trash, sleazy rock’n’roll. E ci sono i DJ, (s)vestiti a tema, che incarnano lo spirito fetish e alternativo. Un punto di merito a quello che si è esibito in dimenamenti, acrobazie e pull ups davanti alla consolle.
C’è il consenso e c’è il rispetto
Come tutti gli ambienti kinky che promuovono la libera esplorazione della sessualità, qualsiasi interazione umana avviene nel massimo rispetto e solo in presenza di consenso. Al Torture Garden no significa no e sì significa sì, per davvero. E ogni sfioramento accidentale, ogni tocco involontario, ogni spintone indotto dall’ebbrezza è sempre seguito da almeno un “sorry”. Non ho mai sentito così tanti “scusa” insieme in una manciata di ore.
C’è lo spettacolo
Ci sono le installazioni artistiche, le sfilate di moda e le performance: concettuali, sperimentali, estreme. Sul palco del TG si alternano, a seconda del tema della serata, performer che mangiano spade, si contorcono, ingoiano il fuoco, cantano, ballano, si denudano e si esibiscono in spettacoli teatrali, circensi, di burlesque, di cabaret. E, nel nostro caso, un esemplare fisicato di mangiafuoco che è entrato in scena (mezzo) vestito da babbo natale e ne è uscito completamente nudo, esibendo un pene di dimensioni tali da definirlo un “gran pacco di Natale”, dal quale aveva appena sfilato parte dell’asta della torcia infuocata dopo averla opportunamente spenta con la bocca durante un’agile mezza capriola all’indietro (rileggete per capirlo).
Tra le installazioni con le corde che univano lo Shibari al movimento a corpo libero, c’era anche un’installazione umana realizzata come parte del progetto Project PC: per 90 minuti, a turno, una persona, opportunamente bendata, metteva intenzionalmente a disposizione il proprio corpo come tela bianca a libera disposizione di chiunque volesse decorarlo servendosi da un tavolo ricoperto di oggetti vari. Corde, candele, pennarelli, vernici, mollette erano alcuni degli oggetti.
C’è la diversità umana
Al TG ci sono tutte le forme di vita umane, senza esclusione di età, corpo, genere, orientamento sessuale. Ognuno è parte della diversità. Inguainati dentro tubi di latex, contornati da un trionfo di piume o esibiti in parziale o completa nudità, i corpi lunghi, corti, dritti, storti, magri, grassi, sono solo corpi, ugualmente liberi di esprimersi, muoversi, ballare, interagire.
C’è il sesso
Ovunque si voglia. Nei confini del Torture Garden tutte le persone sono libere di sperimentare con la sessualità e la fantasia. La location è suddivisa per aree tematiche allestite con attrezzatura per pratiche bondage e sadomaso: gabbie, fruste, croci di Sant’Andrea e sedute per immobilizzare il corpo, lettini ginecologici (per l’area BDSM clinical), gogne, altalene del sesso. In piedi vicino a attrezzi costrittivi vari, mistress e master professionisti aspettavano, frusta alla mano, a disposizione di aspiranti schiavi e sottomessi per assecondare le fantasie di habitué, curiosi e neofiti delle pratiche di dominazione.
Le prime mezz’ore dentro al TG trascorrono tra l’esplorazione delle varie aree, i primi cocktail e le chiacchiere davanti a contorsionisti legati in gabbia o ai primi colpi di frusta. Qui le tecniche di avvicinamento old school come “hai l’ora?” o “hai da accendere?” sono sostituite da dei più ricercati “bello lo slip con il buco dietro” o “sai dov’è che frustano?”. Quella più generica per rompere il ghiaccio è “sei già venuto altre volte?”, che serve per distinguere tra habitué e first timers della notte fetish.
Gli incontri che si possono fare sono variegati e imprevedibili. Dentro a un micro outfit di latex, sotto a un copricapo piumato, può esserci l’impiegato delle poste inglesi o l’ipnotizzatore erotico esperto di tecniche di induzione dell’orgasmo a comando, appena trasferitosi dall’Irlanda all’Inghilterra, in cerca di nuovi amici. I nostri primi incontri sono stati del secondo tipo.
Giudicato con occhio esterno il Torture Garden sembra un raduno di freaks e sessuomani, ma non è altro che una serata libera, inclusiva e interattiva, in cui chiunque può dismettere temporaneamente gli abiti richiesti dal mondo ordinario, quelli tangibili e quelli mentali, e decidere di essere qualsiasi cosa voglia e fare qualsiasi cosa abbia voglia, dando libero sfogo alla propria variopinta identità, nel pieno rispetto delle altre forme di vita umana presenti.
Ah, c’eravamo noi.
Io di latex vestita, I’M the PH di buco svestito.
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