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ragazzo festeggia sotto bandiera tricolore in india dove l'omosessualità non è più un reato

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Negli ultimi anni si sta finalmente scrivendo una

Negli ultimi anni si sta finalmente scrivendo una narrazione della vulvodinia ma è ancora difficile, per chi ne soffre, parlarne, essere ascoltatə da* medic*, risalire alle cause e trovare una terapia adatta alla propria condizione specifica.

Come risultato, molte persone si autocondannano a convivere con questo dolore per anni, rinunciano a vivere una relazione di piacere con il proprio corpo. Ma questa non è l’unica via possibile.

Con @studio_riabilitazione_pelvica - ostetrica specializzata nella riabilitazione del pavimento pelvico - abbiamo dato una panoramica della vulvodinia e delle sue cause ma soprattutto ci siamo soffermate su questo aspetto:
è ancora possibile ricercare il piacere quando si soffre di vulvodinia? Come ci si può riconnettere con il proprio corpo?

Video completo su YouTube con consigli pratici e suggerimenti di sex toys da utilizzare in caso di dolore alla vulva, a seconda dei punti doloranti.

Non esistono sex toys per uomini e per donne Non e

Non esistono sex toys per uomini e per donne
Non esistono sex toys per maschi e per femmine
Non esistono sex toys per lui e per lei

Esistono sex toys per il pene, per la vulva, per la vagina, per l’ano… per il corpo!

Perché è importante fare questa distinzione?

Perché classificare i sex toys in modo binario in “maschili” e “femminili” significa dare per scontato che tutte le persone che si identificano e si muovono nella società come uomini abbiano un pene e che tutte le persone che si identificano e si muovono nella società come donne abbiano vulva e vagina. E questo significa invalidare, negare l’esistenza di una marea di persone, escluderle dall’esperienza di scelta e uso di sex toys e limitare il loro accesso al piacere. Pensiamo alle persone trans, non binary e in generale a qualsiasi persona la cui identità non si rispecchia nei ruoli e nelle norme di genere tradizionali e non è definita da quello che ha nelle mutande.

I sex toys sono progettati per stimolare qualsiasi corpo e ci permettono di scrivere nuove storie di piacere: storie nostre, personali, che rispecchiano i nostri desideri travalicando i confini dei copioni sessuali predeterminati.

Non tutte le donne hanno una vulva e una vagina; non tutti gli uomini hanno un pene; non tutte le persone si identificano come donne o uomini.

Attraverso il linguaggio possiamo scegliere di abbracciare tutte le persone e renderle libere di raccontarsi, anche sessualmente. Oppure possiamo scegliere di marginalizzarne alcune e chiuderci tutte e tutti dentro delle categorie prescrittive che controllano la nostra sessualità e i nostri corpi.

Attraverso il linguaggio (e anche attraverso i sex toys) possiamo rivendicare il diritto al piacere di tutti i corpi e tutte le identità.

Bobble è l’ultimo səx toy per il pene uscito d

Perché pensiamo che per una donna sia normale pro

Perché pensiamo che per una donna sia normale provare dolore durante il sesso?

Avevamo ricevuto questa domanda durante un seminario, ma la risposta era talmente complessa che sul momento non siamo riusciti a formularla per intero e ci siamo ripromessi di tornare sull’argomento.

In condizioni regolari, di salute, il dolore non dovrebbe mai far parte dell’esplorazione sessuale, a meno che non sia voluto.

Ma quindi perché tantissime donne si rassegnano a convivere con il dolore?

∼ perché nella narrazione della femminilità il dolore è raccontato come una parte fondante e inevitabile: quello dovuto alle mestruazioni, al primo rapporto sessuale, al parto. Il dolore è mitizzato come rito di passaggio;

∼ perché la sessualità femminile è comunemente descritta come enigmatica; gli orgasmi sono elusivi; gli organi genitali “femminili” - vulva e vagina - sono difficili da decifrare; la donna è un essere dolcemente complicato, impossibile da capire, e Il dolore diventa parte di quell’inspiegabilità;

∼ perché storicamente la donna è stata descritta come isterica, irrazionale ed emotiva; il sesso debole, più fragile, vulnerabile e soggetto alla sofferenza;

∼ perché le norme di genere attribuiscono alla donna un ruolo passivo che la prepara a subire la sessualità.
Il corpo sessuale femminile è un terreno di caccia al servizio del desiderio predatorio maschile. E si sa, la caccia è bruta e dolorosa;

∼ perché molt* medic* normalizzano il dolore sessuale dubitando dei sintomi riportati dalle donne e consigliando loro di essere meno emotive e stressate, di rilassarsi e concedersi. E questo, oltre a ritardare la diagnosi, scoraggia le donne dall’indagare il proprio dolore;

∼ perché la penetrazione è ancora idealizzata come massima espressione di una sessualità completa (etero) e sembra indispensabile, anche quando è causa di dolore;

∼ perché il piacere dell’uomo è sempre stato messo prima di quello della donna, a partire dalla pornografia che celebra l’eiaculazione del pene come grand finale e ignora il piacere femminile;

[continua nei commenti👇]

12 Luglio 1968, articolo “IL MOSTRO NON VA” pu

12 Luglio 1968, articolo “IL MOSTRO NON VA” pubblicato su MEN (“Il settimanale degli uomini”)

Inchiesta sull’atteggiamento dei datori di lavoro in risposta ad annunci di fanciulle - in un caso inesperte ma “giovani e decisamente belle”, nell’altro plurireferenziate.

A distanza di oltre 50 anni: come siamo messy?

Genere e mondo del lavoro sono da sempre interconnessi in un sistema eteropatriarcale (sì, potete alzare gli occhi al cielo) iniquo e discriminatorio.

“IL MOSTRO NON VA
La donna che si dichiara pronta a risolvere qualunque faccenda professionale che offre serie garanzie di rendimento, che conosce tre o quattro lingue, ha poca fortuna nel campo degli annunci pubblicitari. L'inchiesta condotta da "Men" ha dimostrato che anche i datori di lavoro ben intenzionati rispondono volentieri alle domande di lavoro delle inserzioniste giovani e derisamente belle e si mostrano molto scettici quando una ragazza che cerca lavoro si definisce "distinta, seria e plurireferenziata".”

👉Articolo completo sul canale Telegram

Intervista nudina ad @alithia_maltese , rigger* e

Intervista nudina ad @alithia_maltese , rigger* e insegnante di Kinbaku, il bondage giapponese.
[*rigger è la persona che lega].

Dopo una lunga assenza torniamo a sederci nel salottino en rose, senza vestiti, per esplorare una delle tante dimensioni della sessualità e dell’erotismo: Alithia ci apre una porticina sul mondo del Kinbaku, la legatura del corpo per mezzo delle corde.

Intervista completa sul nostro blog 👇
https://lesexenrose.com/alithia-maltese-rigger-kinbaku-intervista-nuda
disponibile in tutti i formati del mondo (audio, video, testo).

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M ∼ Come ti sei avvicinata alle corde?
A ∼ Ho sempre amato utilizzare le corde, anche da piccola, per costruire delle cose, legavo oggetti. Ho fatto scoutismo, legavo, ero bravissima, ero l’orgoglio di papà quando facevo le legature, e proprio con un ragazzo degli scout abbiamo pensato di provare a fare bondage, ma non con le corde.
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M ∼ Cos’è il bondage?
A ∼ È una pratica erotica, come definizione, in cui viene limitata la possibilità di movimento – completamente o in maniera parziale, per un tempo limitato – della persona con cui stiamo interagendo. È compresa nel bondage anche la deprivazione sensoriale, quindi tutto quello che può riguardare bende.
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M ∼ Cosa sono le corde per te? Cosa rappresentano?
A ∼ Le corde per me rappresentano uno strumento di comunicazione. È il modo in cui io parlo con le persone. Essendo molto timida, anche quando voglio avere un approccio sessuale è molto più facile per me averlo attraverso le corde.
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